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6 Giugno 2016

Elisabetta Delogu: A Portrait of the Artist as a woman [ladonnasarda.it]

Elisabetta Delogu: A Portrait of the Artist as a woman

di Elena Pisuttu | 12 aprile 2016

www.ladonnasarda.it (link all’articolo originale)

MODA

ph Laura Berlinguer per Frame 25 Studio
ph Laura Berlinguer per Frame 25 Studio

È proprio parafrasando James Joyce che vorrei iniziare a tracciare un profilo di Elisabetta Delogu, come donna, ancor prima che come stilista: an artist as a woman. Una bellezza d’altri tempi. Chioma vermiglia, occhi pervinca e incarnato latteo, cagliaritana di nascita e sassarese di adozione, nelle sue vene scorre sangue spagnolo e siciliano.

Non eredita la sua passione per l’arte dai genitori, ma da vie neanche troppo traverse. Da bambina passa il tempo ad ammirare (e imitare) la nonna, operosa con uncinetto e fili da ricamo. Dal nonno, che lavorava in aviazione e aveva come svago scultura e pittura, riceve la prima tavolozza.

Le sue doti dunque si sviluppano sin dall’infanzia, in una continua evoluzione: «Tutto cambia, anche il talento muta col tempo».

Studia al Liceo Artistico di Cagliari e poi all’Accademia di Belle Arti di Sassari. Mossa dalla curiosità, ha l’intenzione di cogliere l’arte in tutte le sue sfumature: si reca da un maestro d’intaglio e impara a decorare le cassapanche sarde. A 15 anni, a Milano, lo zio la presenta a un sarto; è in quel momento che sostiene di aver avuto la visione del suo futuro.

A Sassari compra la prima macchina da cucire. Nella stessa città incontra il marito, colui che poi investirà sulla sua creatività, e nel 2003 apre il suo atelier, dove decide di dedicarsi unicamente agli abiti da sposa.

Le sue creazioni sono un incontro di materiali preziosi che richiamano, assai velatamente, la Sardegna. Dall’isola preferisce prendere in prestito gli elementi naturali:
«La nostra natura, così aspra e ingrata, riesce paradossalmente a darmi tanto».

Elisabetta Delogu alimenta la sua capacità creativa con le istantanee che la vita le regala ogni giorno. Non ha fonti ispirazione particolari, ma ammira Burton e Tarantino per il loro essere visionari. Anche quando domando cosa sia per lei la bellezza, richiama il cinema: per la stilista è un’arte intrinsecamente legata alla mutazione. Per rendere meglio l’idea mi mostra una scena tratta dal film muto Metropolis, i suoi occhi si illuminano: «Ecco» afferma «la bellezza è tutto ciò che ci emoziona».

Quando le chiedo una parola analoga al termine ‘moda’, risponde «caducità», senza alcuna esitazione: «Basta pensare a un défilé: dietro un abito c’è un lungo lavoro di preparazione che si riduce a pochissimi minuti».

Stiamo per concludere l’intervista. Un breve bilancio finale la porta a pensare che la vita, così come la carriera, sia un continuo alternarsi di giorni di gloria e tempi duri.

Dopo questa sorta di viaggio nel tempo, torna al presente con una riflessione sui media: l’evoluzione non è avvenuta solo in lei, ma nel mondo. «C’è stata una rivoluzione e noi stiamo iniziando ad assimilare gli effetti di questo cambiamento». Per ciò che concerne i social, sostiene: «Hanno i loro pro, ma esistono altrettanti contro. Attraverso questo lavoro non ci si limita a vendere un prodotto o un’immagine, ma vendi te stesso e buona parte di ciò che sei».